Il giusto approccio alla sicurezza su Internet

La sicurezza su Internet rimane una delle principali preoccupazioni per gli italiani. Lo conferma anche l'ultima indagine Istat: il 74,4% degli utenti italiani dai 14 anni in su non utilizza il web per alcune attività come l'acquisto di beni o la gestione del proprio conto bancario proprio per i timori ancora legati ad un utilizzo sicuro del web. Ovviamente bambini e ragazzi sono i più vulnerabili agli eventuali rischi legati a un incauto uso delle nuove tecnologie: qual è allora la soluzione migliore? Il controllo “totale” della navigazione da parte dei genitori o un graduale accompagnamento all'utilizzo cosciente delle nuove tecnologie?

Anche in Italia, così, iniziano a comparire sul mercato software che si propongono ai genitori pigri come guinzagli telematici capaci di interrompere, su impulso anche a distanza del padre e della madre, la navigazione in siti ritenuti sconvenienti. Così per esempio viene presentato il più recente esempio della categoria: «You control si rivolge soprattutto a quei genitori che, per motivi di tempo, sempre più spesso, non sono in grado di sapere a quali e a quanti siti - talvolta molto pericolosi - i loro figli accedono quotidianamente. Essendo milioni, infatti, i siti internet ritenuti pericolosi, il nuovo software permette di controllare e conoscere anche in tempo reale, attraverso l'invio immediato o periodico di un sms o di una mail, tutti gli accessi internet effettuati dal proprio computer di casa. Dopo avere effettuato il controllo, il programma consente di interrompere subito la navigazione - qualora sia ritenuta pericolosa - inviando un sms o una mail oppure permettendo di avere maggiori informazioni sul tipo di navigazione che consente una corretta valutazione per potere dialogare, anche in un secondo tempo, con i propri figli, spiegando loro i pericoli reali in cui incorrono senza esserne consapevoli».

Se anche, come dicono i realizzatori di questo programma, «il sistema rende interattiva la comunicazione fra il pc, con cui i bambini navigano in rete, e il genitore, il quale potrebbe trovarsi anche molto lontano da casa», rimangono forti dubbi sull'orizzonte educativo di simili prodotti che sembrano partoriti dal Grande fratello orwelliano. Infatti, un software che permette di “spiare” e intervenire sulle esperienze web dei propri figli di fatto “autorizza” la deresponsabilizzazione del genitore, perchè diventa una sorta di delega in bianco: padre e madre abdicano al proprio ruolo educativo in favore di un programma che suggerisce quando far navigare il figlio, quali regole utilizzare e quali contenuti visitare. In questa visione, un sito diventa buono o cattivo, ma non è così che funziona.
Prima di tutto si viene a perdere un elemento importante del rapporto tra genitore e figlio di conoscenza reciproca e di scoperta comune.

Uno dei dati ricorrenti che emergono dalle ricerche (per esempio quella su scala europea Eu Kids On line) è infatti che i genitori spesso non sono consapevoli dei rischi sperimentati sul web dai propri figli. Perciò, il primo passo forse sarebbe invitare i genitori ad avvicinarsi al mondo della tecnologia e del web per capire cosa fanno i ragazzi quando sono in rete. Col software di controllo, invece, la curiosità sana del genitore viene completamente a mancare: si limita a spiare cosa fa il figlio senza avere un interesse genuino. Da questo disinteresse, è facile il passo verso la demonizzazione degli interessi dei figli. Invece, come sottolinea l'ex docente del Mit Henry Jenkins in un articolo del 2000, in una cultura di massa complessa come quella in cui siamo immersi, «dobbiamo imparare a diventare utenti sicuri, critici e creativi dei media. Dobbiamo valutare le informazioni e l'intrattenimento che consumiamo. Dobbiamo capire gli investimenti emotivi che facciamo nei contenuti dei media. E forse, ancora più importante, dobbiamo imparare a non trattare differenze di gusti come patologie mentali o problemi sociali».

Quindi, il secondo passo è lavorare per cambiare la percezione e l'utilizzo della rete. Il web non è la televisione (il medium ancora preponderante nel nostro Paese), dove l'utente può solo essere spettatore passivo: la Rete promuove la partecipazione, la creatività, la socializzazione, l'approfondimento critico. A questo utilizzo attivo bisogna indirizzare i ragazzi.

Infatti, il web sta dando un fondamentale apporto nei processi di apprendimento, aprendo possibilità che nel nostro paese rimangono quasi inesplorate perchè ancora consideriamo Internet un momento di svago e non un nuovo e potente strumento per la didattica, che facilità lo sviluppo delle capacità proprio per l'approccio differente rispetto all'insegnamento tradizionale.

Internet perciò non può essere “demonizzato” come un calderone che ribolle di pericoli di ogni genere. Va studiato e compreso, integrato sempre meglio nella vita quotidiana e non vietato. Tra l'altro, il “proibizionismo” digitale parte sconfitto dai nativi digitali: un adolescente con normali competenze digitali sa aggirare filtri e software e quello poco esperto spesso ha genitori poco esperti che forse non sono ingrado di utilizzare un programma come questo oppure sa trovare una soluzione cercando su Google. Il percorso non è dunque quello del divieto: i genitori dovrebbero fare qualche passo in più nei confronti dei figli e indirizzare i ragazzi ad un utilizzo creativo della rete. Quelli più digitalizzati, anzi, potrebbero porsi come “guide” per l'acquisizione delle competenze necessarie a sviluppare una navigazione priva di rischi.

L'approccio dei software per il parental control è dunque diametralmente opposto rispetto all'esperienza toscana di Trool.it: da una parte il divieto e il controllo, dall'altra invece un web “amichevole”, che punta a diffondere l'uso consapevole del web attraverso il coinvolgimento diretto di bambini, genitori e scuole su tutto il territorio toscano.
francesca conti

Ultimo aggiornamento: 19/06/2012 - 14:07