Videogiochi e educazione tra paure e opportunità
Gli studiosi si dividono sui videogiochi e promuovono i serious game a scuola
10 Agosto 2011
I videogiochi sono oggetto di discussioni e polemiche fin dalla loro nascita, studiosi ed esperti sono portavoci di posizioni completamente diverse e inconciliabili. I tragici fatti di Oslo hanno riportato all'attenzione dell'opinione pubblica il tema dei videogiochi violenti, i cosiddetti giochi sparatutto, come istigatori di atti di violenza. A conferma delle poche certezze sull'argomento la recente sentenza della Corte Suprema degli Stati Uniti che ha bocciato una legge dello stato della California varata per difendere i bambini dai videogiochi violenti, il giudice Antonin Scalia nel motivare la sentenza ha infatti scritto che “gli Stati possiedono il legittimo diritto di proteggere i bambini dai pericoli ma ciò non include il potere di restringere le idee a cui i bambini possono essere esposti.”. Anche in questa sentenza non è difficile scorgere la dicotomia tra la necessità di proteggere i bambini da immagini e giochi violenti e quella di offrire loro tutte le opportunità di crescita e miglioramento possibili, non escludendo giochi e videogiochi.
Interessante a tal proposito la posizione di Douglas Gentile, ricercatore dell'Università dell'Iowa, da sempre su posizioni antivideogiochi che ha portato a termine un importante studio sulla dipendenza da videogames di bambini e ragazzi, secondo cui gli effetti negativi dei videogiochi possono essere ridotti dall'intervento dei genitori sia nella limitazione dei tempi di gioco sia nella partecipazione al gioco insieme ai figli.
Di tutt'altra opinione Christopher J. Ferguson psicologo e ricercatore della Texas A&M International University i cui studi scagionano completamente i videogiochi violenti dal sospetto di indurre a comportamenti violenti. In una recente intervista rilasciata alla rivista Forbes Ferguson ricorda che dalle sue ricerche è emerso che circa il 95% dei ragazzi ha giocato o gioca con videogames violenti e che quindi è ingannevole, dati questi numeri, collegare sporadici quanto terribili casi di violenza all'utilizzo dei videogiochi.
Quello che è sicuro è che l'industria dei videogames non conosce crisi, tanto che secondo i dati dell'AESVI (Associazione Editori Software Videoludico Italiana) nel 2010 in Italia il mercato dei videogiochi ha registrato un fatturato di 1,1 miliardi di euro per il terzo anno consecutivo; nel nostro paese ogni minuto vengono vendute 5 console e 33 videogame. Ormai sono 11 milioni le famiglie che posseggono una console, è quindi evidente che è molto difficile contrastare il mercato e i giochi che le maggiori case produttrici vogliono imporre ai giocatori più o meno giovani.
I genitori italiani, come quelli del resto d'Europa, hanno però la possibiltà tramite la classificazione PEGI (Pan European Game Information), al momento dell'acquisto, di capire per quali fasce d'età sono indicati determinati prodotti e conoscere a scatola chiusa il contenuto del videogioco e il motivo per il quale può essere sconsigliato ai più piccoli.
Molto utile anche la pubblicazione “I giochi elettronici a scuola. Un manuale per gli insegnanti” realizzata nel contesto del progetto Games in School di European Schoolnet e destinata a tutti gli insegnanti che vogliono utilizzare i giochi elettronici come arricchimento delle proprie lezioni.
Questo manuale, utile anche per genitori digiuni di videogiochi, fornisce agli insegnanti informazioni per mettere in pratica abitudini di gioco sicure, per trasferire le competenze acquisite durante il gioco nella didattica tradizionale e per riuscire ad utilizzare i videogiochi come punti di partenza per discutere in classe di argomenti importanti.
Non solo, vi è anche una sezione che indica i vantaggi didattici e le competenze che giochi elettronici commerciali sviluppano nei ragazzi, da Age of Empire che rafforza le capacità di strategia e le conoscenze storiche a World of Warcraft che migliora l'apprendimento collaborativo.
Accanto a questi giochi poi esistono veri e propri giochi educativi che stanno prendendo sempre più campo nelle scuole di tutto il mondo, basti pensare che pochi mesi fa la Fondazione di Bill e Melissa Gates, fondatore di Microsoft e consorte, ha finanziato Institute of Plays e Quest Atlantic per sviluppare giochi educativi e Pearson Foundation per introdurre le nuove tecnologie nelle scuole.
Se i videogiochi commerciali continuano a suscitare dubbi e discussioni, nel caso dei videgiochi a scopo educativo come in quello dei brain games sicuramente i ragazzi non possono che trarre giovamento dall'ingresso della tecnologia nel mondo della scuola. (francesca conti)
Ultimo aggiornamento: 31/05/2012 - 12:09