Giustizia minorile mite

L'ascolto e l'approccio mite sono stati i veri protagonisti del convegno Una giustizia mite:proposte problemi, riflessioni che si è tenuto ieri all'Istituto degli Innocenti. Un momento importante su un tema – quello della giustizia minorile – sul quale si dibatte da anni.

Punto di riferimento dell'incontro è stato il volume Manifesto per una giustizia minorile mite (Franco Angeli editore) di Francesco Paolo Occhiogrosso, presidente del Centro nazionale di documentazione e analisi per l'infanzia e l'adolescenza, un libro destinato a cambiare l'approccio giuridico con i minori.

C'è da ricordare che negli ultimi venti anni sono stati fatti grandi passi sul tema dei diritti dei bambini e adolescenti. Una delle pietre miliari è stata la Convenzione dei diritti del fanciullo approvata a New York nel 1989 dall'Assemblea Generale Onu e siglata da 193 nazioni tra le quali l'Italia che l'ha ratificata il 27 maggio 1991 con la legge n. 176.

«Non dimentichiamo le “3p” della Convenzione dei diritti del fanciullo che racchiudono la scelta di fondo importante:predisposizione di strumenti, protezione dei minori e promozione dei loro diritti - spiega Elena Urso, ricercatrice di Diritto privato comparato all'Università di Firenze - e davanti a un minore non è facile affrontare la giustizia. Le scienze sociali ci fanno capire che la maturazione del minore è un processo lento».

Al convegno è emersa una posizione unica a favore del diritto mite mentre i rapporti tra diritto debole e garanzie sono ancora problematici come lo è anche il rapporto tra decisione e consenso. «Il consenso è ineliminabile – dice Piercarlo Pazè, magistrato minorile e direttore della rivista Minori e Giustizia che ha coordinato l'incontro – il giudice cerca un rapporto mite tra le parti, ascolta e cerca la conciliazione e la mediazione e quando c'è collaborazione tra le parti c'è consenso. Gli attori esprimono delle emozioni e il giudice le riconosce, le vede e deve poi decidere. A volte vengono fuori dei provvedimenti orribili risultato di collage di relazioni che determinano una non verità».

L'importanza dell'ascolto viene sottolineato anche da Andrea Proto Pisani, professore di diritto processuale all'Università di Firenze. Spiega che presso il Tribunale di Bari, presieduto da Franco Occhiogrosso, per anni è stata messa in pratica l'adozione mite «Nel libro viene denunciata come negativa la cultura dell'allontanamento del minore. Questa cultura ha caratterizzato molti tribunali minorili riducendo al minimo le garanzie processuali. Io credo che nella procedura che riguarda l'allontanamento del minore deve essere assicurato il rispetto del contraddittorio e l'ascolto dei genitori che devono essere messi in grado di far valere le proprie ragioni. I procedimenti non devono essere messi in moto da parte del giudice ma dal pubblico ministero, destinatario delle relazioni dei servizi sociali».

E a livello europeo esiste un organo giudicante equivalente? «Tra i Paesi europei ci sono situazioni variegate ma il Tribunale per i minorenni è un'istituzione tipicamente italiana – chiarisce ancora Proto Pisani – un'istituzione che va difesa perché garantisce la specializzazione dell'organo giudicante integrato da esperti che aiutano in questa operazione estremamente difficile di decisione nella quale si deve mediare tra i diritti fondamentali dei genitori biologici e il minore sempre tenendo conto del suo interesse».

Ma nonostante le difficoltà l'Italia è solo teoricamente avanti rispetto agli altri Paesi europei e se questo potrebbe essere un vantaggio, di fatto non lo è affatto come illustra Elena Lazzeri, avvocato del Foro di Firenze, membro del direttivo dell'Unione nazionale camere minorili e consigliere di amministrazione dell'Istituto degli Innocenti: «Siamo avanti nell'introdurre il concetto del Diritto minorile ma molto indietro a causa della lunghezza delle procedure: una grande ingiustizia nei confronti dei minori. Forse siamo avanti rispetto ad alcuni Paesi dell'Est Europa o verso certi concetti giuridici degli Stati Uniti ma su certi principi mi pare che stiamo tornando indietro. Forse il nostro Diritto in senso stretto è il migliore ma siamo molto fermi nell'applicazione».

E se qualcuno tende a confondere la mitezza con la mansuetudine, Occhiogrosso, che ha concluso l'incontro, sottolinea il concetto di Bobbio che parla di mitezza come virtù sociale con una dimensione di rapporto con gli altri. «Non ci interessa la mediazione come tecnica. Ci interessa invece entrare nella logica della cultura della mediazione che tutti gli operatori devono vivere per far sentire la Giustizia meno lontana dalla gente. Bisogna prescindere dal diritto guardando la realtà sociale attraverso la mitezza. Questa è sostanzialmente non violenza in una società che si esprime in modo violento ed è il cardine di risposta a livello sociale contro il razzismo. É la mitezza che ha portato alla creazione delle Nazioni unite e si esprime attraverso il volontariato e la cittadinanza attiva contro la criminalità organizzata e contro il razzismo». (sp)

Vedi anche:
- Intervista a Elena Zazzeri
- Intervista a Francesco Paolo Occhiogrosso pubblicata su www.minori.it

Last update: 06/28/2012 - 11:36