Tante voci si sono incrociate al cinema teatro Odeon di Firenze, il 7 e 8 ottobre in occasione dell'incontro “Giornalismi e giornalisti. Per la dignità della professione” promosso da Ordine dei Giornalisti, Fnsi, Ordine dei Giornalisti della Toscana e Associazione Stampa Toscana. Voci che insieme raccontano cos'è il giornalismo attuale, cosa significa lavorare nel mondo dell'informazione strangolati nelle maglie della precarietà e dell'incertezza. Giovani, meno giovani, freelance, licenziati, professionisti in pensione che tanto ancora credono in questo mestiere. Moltissime le donne che si sono avvicendate ai microfoni di sala, spesso portavoci delle realtà contrattuali più fragili.

Ma chi sono queste precarie perenni? Hanno fra i 30 e i 50 anni, sono sposate o conviventi, ma non hanno figli. E lavorano anche 12 ore al giorno. E' questo il profilo delle freelance in Lombardia, così come emerge da una ricerca promossa da Nuova Informazione (storica componente sindacale lombarda che fa capo alla nazionale Autonomia e Solidarietà, corrente di maggioranza della FNSI). L’indagine, presentata in anteprima proprio a Firenze, coinvolge un campione di 600 giornaliste.

Per la stragrande maggioranza di loro la condizione di freelance ha influenzato le scelte della vita: avere una famiglia diventa un lusso che moltissime affermano di non potersi permettere, in assenza di un sistema di welfare che le sostenga e visti i costi dei servizi privati. Un terzo di loro lavora con collaborazioni occasionali, il 12 per cento non ha nessun contratto, oltre il 45 per cento non ha scelto di diventare freelance ma lo è a causa di crisi aziendali, mentre solo il 29,4 ha scelto di lavorare come libera professionista.

La quotidianità di queste donne è un calco esatto di quella di tante lavoratrici "flessibili", in ogni campo e settore. «La nostra situazione è precaria a tutto tondo, i soldi sono pochi e possiamo essere lasciati a casa in ogni momento. Non possiamo nemmeno accendere un mutuo e viviamo completamente alla giornata sperando non ci capitino guai. Non potrei mai avere un figlio in queste condizioni», racconta una di loro. «Gli orari che faccio e la disponibilità che bisogna dare per mantenere la collaborazione non vengono sempre ben digeriti da chi mi sta vicino», racconta un'altra delle intervistate.

Maria Teresa Manuelli, giornalista che ha coordinato l’indagine, spiega: «Le criticità di questo periodo – lavoro, welfare, ecc. – pesano soprattutto sulle donne e il nostro obiettivo è che i nostri organi professionali e non solo loro trovino delle soluzioni a questo scompenso di genere. L'idea ci è venuta in seguito all'innalzamento dell'età pensionabile delle donne: volevamo capire come si potevano utilizzare al meglio i soldi frutto di questo risparmio, chiedendolo alle dirette interessate. E ora lavoriamo nella direzione che questa ricerca diventi il primo passo di un osservatorio nazionale».

In questa prospettiva si inserisce anche la nascita della rete GIULIA (Giornaliste Unite Libere Autonome) impegnata, oltre che sul fronte dei diritti contrattuali, anche su altre battaglie legate a questioni di genere, come lo sfruttamento dell'immagine femminile nei messaggi pubblicitari e nell'informazione. (francesca coppini)

Last update: 11/22/2018 - 16:32