Si sono presentati nei campi rom per portare compiti e mascherine. Hanno usato i loro smartphone per passare gli audio delle lezioni delle insegnanti anche ai bambini e alle bambine senza collegamenti wifi. Il lavoro degli operatori e delle operatrici del Progetto per l’inclusione e l’integrazione dei bambini rom, sinti e caminanti è stato instancabile e ha portato risultati non scontati perché il 74% dei bambini e delle bambine (i dati si riferiscono al periodo di lockdown della primavera 2020) ha mantenuto il suo rapporto con la scuola e ha proseguito il proprio percorso didattico.

Secondo l’ultimo report di valutazione redatto dall’Istituto degli Innocenti - che dà assistenza tecnica al Progetto che il Ministero del lavoro e delle Politiche Sociali sta conducendo con la collaborazione dei Ministeri dell’Istruzione e della Salute - non tutti i ragazzi e le ragazze hanno avuto modo di partecipare alla DAD (il 19% degli alunni e delle alunne non ha seguito la didattica a distanza), ma la maggior parte è riuscita a seguire le attività online grazie ancora alla mediazione degli operatori del Progetto (53%).

“Considerando il totale dei bambini e delle bambine con cui gli operatori sono rimasti in contatto – dichiara la dottoressa Adriana Ciampa, Dirigente del Ministro del Lavoro e delle politiche sociali, responsabile del progetto - abbiamo osservato che erano pochi i bambini che non hanno avuto bisogno di un supporto, perché già dotati di strumenti digitali; dai dati circa un terzo aveva già un pc o un tablet. Quasi la metà dei bambini e delle bambine, invece, ha avuto dei dispositivi grazie alla facilitazione resa dal progetto nazionale e grazie a fondi messi a disposizione da vari soggetti, sia pubblici che del privato sociale. Purtroppo, il 17% degli alunni e delle alunne con i quali avremmo potuto lavorare in una condizione di normalità, invece non è stato raggiunto”.

Il Progetto per l’inclusione e l’integrazione dei bambini rom, sinti e caminanti ha preso il via nell’anno scolastico 2013-2014 e si è ampliato costantemente. Ben 84 i plessi scolastici che nel 2019 in tutta Italia hanno aderito al progetto con oltre 500 studenti e studentesse rom sinti, caminanti partecipanti ed un totale di 6mila alunne e alunni coinvolti. Un lavoro che si articola, prevalentemente, in tre ambiti: la scuola, i contesti abitativi e la rete locale dei servizi.

Dalla prima annualità del percorso sperimentale (2013/14) all’ultima (2019/20) gli alunni e le alunne del progetto sono quasi quintuplicati (da 153 a 565), così il numero delle classi (da 42 a 319), il numero delle scuole (da 29 a 74) e il numero complessivo degli alunni e delle alunne – rom e non rom – che hanno beneficiato delle attività progettuali (da 900 a 6380).

L’ultimo report mette in evidenza miglioramenti nei rapporti con gli/le insegnanti e con i/le compagni/e, nella frequenza, negli esiti scolastici (abbiamo un aumento dei promossi alla primaria dal 96% al 97% e soprattutto dal 75% al 93% nella scuola secondaria di I grado). A fare la differenza è ancora la condizione abitativa delle famiglie che vivono nei campi, perché inevitabilmente la condizione di fragilità si riflette sull’andamento scolastico. La frequenza dei bambini e delle bambine presenti nei campi non autorizzati è minore rispetto a quella dei bambini e delle bambine che vivono nelle case dell’11% alla primaria e addirittura del 19% alla secondaria di I grado.

“La scuola si è dimostrata architrave del progetto da dove partire per attuare l’inclusione di bambine, bambini e famiglie – prosegue la dottoressa Ciampa - creando un ambiente sempre più in grado di accogliere tutti per combattere la dispersione scolastica e promuovere una miglior relazione tra le famiglie rom, sinti e caminanti ed i servizi sociali delle più grandi città italiane. Attraverso la partecipazione attiva e motivata delle insegnanti ai momenti di condivisione con gli altri soggetti del progetto, la scuola diventa quel tassello fondamentale che va ad arricchire la progettualità e la rete locale coinvolta nell’inclusione delle comunità. Alle classi che fanno parte del progetto sono proposti una serie di laboratori che servono a costruire un clima positivo tra i bambini e le bambine, lavorando insieme alle docenti ad attività che incoraggiano l’accoglienza, l’intercultura, la cooperazione”.

Il report di valutazione mette in luce anche le ripercussioni dell’emergenza sanitaria epidemiologica da COVID 19 che sono state, inevitabilmente, enormi sulle attività progettuali come sulla vita degli/delle alunni/e e delle famiglie rom e sinti. Con le scuole chiuse, i bambini e le bambine che si trovano in precarie condizioni abitative si sono dovuti confrontare con molteplici difficoltà.

“Durante la prima e la seconda fase del lockdown, l’Istituto degli Innocenti nel suo ruolo di assistenza tecnica al Progetto per l’inclusione e l’integrazione dei bambini rom, sinti e caminanti - dice la presidente dell’Istituto degli Innocenti Maria Grazia Giuffrida - ha continuato a presidiare tutte le attività e a svolgere una costante azione di coordinamento e di sostegno ai referenti delle città e agli operatori e operatrici impegnati sul campo. L’Istituto ha organizzato, a partire da maggio 2020, una serie di iniziative “in remoto” rivolte a operatori, operatrici e insegnanti a livello nazionale. Gli approfondimenti hanno riguardato tra gli altri temi: il lavoro educativo durante il lockdown; la tematica della salute per le comunità rom, sinti e caminanti; l’accesso ai servizi socio-sanitari da parte delle comunità; le metodologie inclusive e cooperative per la didattica a distanza; il tema del Porrajmos, lo sterminio dei rom da parte del regime nazista, in occasione del Giorno della Memoria”.

Proprio grazie agli sforzi degli operatori del progetto la maggior parte dei bambini e delle bambine è riuscita infatti a mantenere, non senza difficoltà, una continuità educativa che ha permesso ai ragazzi e alle ragazze di proseguire il loro percorso didattico. Il merito del progetto è stato quello di riuscire a tenere i contatti con i ragazzi anche nei mesi di lockdown. Sono stati gli operatori e le operatrici le antenne vigili e il sostegno essenziale per molte famiglie, fornendo loro dispositivi sanitari (mascherine e igienizzanti) e generi alimentari. Sono stati il primo punto di ascolto per le esigenze in termini materiali e, in alcuni casi, anche psicologici. A livello locale i minorenni seguiti hanno potuto quindi essere aiutati attraverso una rete variamente composta dalle agenzie impegnate nel progetto, dalle scuole, dai servizi sociosanitari e dal volontariato.

Pur con le dovute differenze regionali la situazione oggi rimane critica, sia perché non per tutti è stata ripresa la didattica in presenza, sia perché la pandemia ha avuto importanti ripercussioni dal punto di vista economico sulle famiglie. Il clima di paura e diffidenza contribuisce a rendere più difficile oggi la frequenza anche nelle città dove le scuole hanno riaperto.

“L’Istituto degli Innocenti è in prima linea nel supportare le politiche per l'infanzia, sia nazionali che regionali, per riconoscere uguali diritti e uguali opportunità a tutte le bambine e di tutti i bambini così come sancito nella Convenzione ONU dei diritti dell'infanzia e dell’adolescenza - conclude la presidente dell’Istituto degli Innocenti - E’ importante valutare le diverse esperienze di lavoro sui temi dell’integrazione e dell’inclusione, consapevoli che si tratta di processi lunghi ma che riescono ad avere una continuità, nonostante le difficoltà del momento, grazie al meritevole impegno di chi è dalla parte dei bambini”.

Per maggiori informazioni consultare anche il sito www.minori.gov.it alla pagina dedicata al report di valutazione finale del progetto

Last update: 04/14/2021 - 14:03